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Il sindaco Bertoncello ha onorato il 30^ compleanno della sezione Lagunari

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Portogruaro, 22.03.2015. Stamani, domenica 22 marzo, anche il uscente sindaco di Portogruaro, Antonio Bertoncello, ha onorato la cerimonia, organizzata dai Lagunari portogruaresi, per festeggiare il 30^ compleanno della fondazione della loro sezione locale. Il primo cittadino, nel suo breve discorso, ha ricordato il profondo legame che unisce questo Corpo militare a Venezia, alla sua cultura, alle sue vicende e alla sua storia. I Lagunari sono gli eredi dei fucilieri di Venezia, dei Fanti da Mar, della Serenissima Repubblica Veneta. Le loro origini vengono fatte risalire alle truppe da sbarco del Doge Enrico Dandolo che nel 1203 mosse alla conquista di Bisanzio. I lagunari hanno progressivamente abbandonato il ruolo di sentinelle della laguna per assolvere i compiti propri di un Corpo scelto. Comunque ancor oggi i Lagunari rimangono profondamente legati al nostro territorio, sicuramente il più veneziano dei Corpi del nostro esercito. Dopo un simile discorso, che ha doverosamente sottolineato lo stretto legame tra i lagunari e Venezia, ci saremmo attesi che venisse portato un semplice, ma significativo omaggio floreale ai cinque valorosi portogruaresi che nel 1848 perirono durante l’assedio della città lagunare da parte delle truppe austro-ungariche. Ed, invece, ancora una volta la città di Portogruaro non ha voluto ricordare il loro sacrificio, ma ha preferito deporre le corone d’alloro unicamente al monumento ai caduti della prima guerra mondiale e al tempietto di Sant’Ignazio. Quest’ultimo edificio è stato dedicato una decina d’anni fa al ricordo dei caduti per la patria. Al suo interno si trova infatti un libro sul quale sono stati riportati i nomi dei portogruaresi, civili e militari, deceduti in entrambi i conflitti mondiali. Purtroppo non compaiono quelli che persero la vita nel 1848 nonostante nel 1911 una lapide venne apposta in loro ricordo sulla facciata del Municipio dall’allora amministrazione comunale. Successive vicende fecero spostare quella lapide sul lato sud del palazzo municipale dove si trova tuttora. La nuova collocazione risulta essere più defilata ed ha inevitabilmente fatto perdere d’importanza il valore di quella lapide. Per tentare di ridestare la memoria della cittadinanza sul sacrificio di questi 5 portogruaresi avevamo chiesto all’assessore comunale alla cultura, Maria Teresa Ret, non certo di riportare nella sua collocazione originaria quella lapide, ma semplicemente di aggiungere i loro nomi nel libro posto all’interno della Chiesetta di Sant Ignazio. Con rammarico la nostra richiesta è stata rifiutata con banali scuse. La responsabilità politica di tale scelta non è da attribuirsi unicamente all’assessore Ret, ma anche al sindaco uscente Antonio Bertoncello che continuamente ricorda, a parole, lo stretto legame storico che unisce Portogruaro a Venezia, soprattutto ora con l’introduzione della città metropolitana. Nei fatti, però, questa amministrazione comunale si rifiuta di riallacciare i fili del nostro glorioso passato con Venezia molto probabilmente perché non vuole dar vigore ai forti venti indipendentisti che spirano sulla nostra regione. Fa specie inoltre osservare come il sindaco Bertoncello, anche nell’odierna cerimonia ufficiale, abbia cantato l’inno d’Italia con scarsa partecipazione. All’inizio ha saltato anche la prima strofa salvo poi iniziare a cantare dopo aver visto con la coda dell’occhio che il suo vicesindaco, Luigi Villotta, stava recitando l’inno di buona lena. Muto come un pesce, invece, è stato l’assessore regionale Daniele Stival (Lega Nord): d’altronde si sa che gli esponenti del Carroccio non hanno mai digerito il fatto di essere governati da Roma preferendo in cuor loro l’indipendenza del Nord ed in particolare del Veneto. Se il silenzio dell’assessore regionale durante l’inno d’Italia è, in parte, giustificabile, non comprendiamo perché Antonio Bertoncello, sindaco uscente nonché candidato consigliere regionale per il PD, faccia estrema fatica a recitare l’inno di Mameli. Eppure il suo partito è tra quelli che più tenacemente vuole che il nostro Paese rimanga unito accentrando sempre più a Roma le funzioni dello Stato.  Uno Stato centrale che mediamente ogni anno si trattiene 20 miliardi di euro delle tasse versate dal popolo veneto tagliando al contempo i trasferimenti statali alle amministrazioni locali sempre più in difficoltà nel dare servizi e risposte ai propri cittadini. Ecco, forse, spiegato perché le parole dell’inno d’Italia fanno così fatica ad uscire dalla bocca del sindaco Bertoncello.

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